1986 03 intervista: INTERVISTA AL MAESTRO D’ASCIA BARTOLO OLIVIERI

From NAUTIPEDIA
Jump to navigation Jump to search

file:///C:/Users/Renato/Downloads/Intervista_a_Bartolo_Olivieri.pdf

txt:

INTERVISTA AL MAESTRO D’ASCIA BARTOLO OLIVIERI, BOSA, 2 MARZO 1986.

Di Gabriella Mondardini Morellli

D. Da chi ha imparato a fare questo mestiere?

R. Io ho imparato da mio fratello il grande, però mio fratello il grande ha imparato da mio nonno, dal babbo di mio babbo, che era un costruttore di Santa Margherita Ligure, allora noi, tutti i figli, abbiamo imparato tra noi, dal babbo e fra fratelli e siamo tutti costruttori di barche in tutta la nostra generazione. Il nonno è morto a 90 anni. Ce ne sono anche a Olbia da parenti costruttori.

D. Quando siete venuti in Sardegna?

R. E’ venuto mio nonno ad Alghero, ad Alghero si è fermato e ha imparato agli algheresi perché lì non ce n’erano maestri e lì dopo tanti anni si è sposato, poi da Alghero è venuto a Bosa e si è messo il cantiere davanti alla chiesa di Sant’Antonio, all’uscita del ponte, a sinistra. Si chiamava come me, Bartolo, è un nome genovese proprio. A Olbia adesso ci sono i miei nipoti, i figli di mio fratello. La generazione di babbo, i figli, erano 9 fratelli, tutti costruttori, qui lavorava babbo e nonno, poi, quando è morto babbo, io sono andato a Olbia da mio fratello, (adesso a Olbia fanno manutenzione), solo io mi sono fermato, sono andati a Olbia perché qui era un punto morto, invece a Olbia c’era lavoro più di qui, sono andato anch’io lì, mia mamma era di Villanova, mio nonno (si era sposato) con una di Alghero. Ad Alghero ce n’erano altri di costruttori, Vittorio Palomba che l’aveva imparato mio nonno, adesso non ce n’è rimasto neppure uno, sono andati tutti impiegati, Feniello era un maestro e un mio amico, un maestro d’ascia autorizzato come lo sono io. Peppino Feniello era l’unico maestro di Alghero, era più giovane di me, avevamo imparato da mio nonno. I Palomba erano originari di Torre del Greco, ma Vittorio Palomba era algherese.

D. Che tipo di barche costruiva?

R. Mio nonno costruiva i gozzi genovesi, poi faceva le paranzelle, con la prua lanciata in fuori …. dopo con mio nonno abbiamo costruito tipi di barche nuove, specialmente io le ho fatte tutte diverse di quelle che costruiva il nonno, io ho fatto la moto-navina, e poi ho fatto la spagnoletta che era una barca che era venuta dalla Spagna e allora gli algherese e i bosani hanno visto che questa barca era davvero una bella barca, allora abbiamo pensato di farle anche noi così, ma sono venute più marine e più belle di quelle che hanno portato dalla Spagna. Allora gli abbiamo dato il nome spagnoletta. La motonavina è quella con la prua oceanica. Io qui ne ho fatto una trentina di barche nuove, ma poi io ho riparato tutte le barche che c’erano, e poi ero solo io come maestro, erano tutte barche a vela e a remi e io le ho tutte motorizzate. Quando è uscito il prestito della Regione allora sono venuti da me, abbiamo fatto la domanda, gliel’hanno dato, e allora le abbiamo tutte motorizzate, dalla prima fino all’ultima, 35 anni fa, negli anni ’50. Come venivano anche quelle paranzelle del corallo, che portavano 25-30 ragazzi, 20 a tirare i remi e le reti di corallo, era un lavoro proprio da cane.

D. Com’erano grandi le paranzelle ?

R. Erano barche torresi, napoletane e viareggine, piccole, lunghe 7, 8, 9 metri, con la prora lanciata in fuori. La filuga, quella non l’ho costruita mai, perché non sono barche marine, quelle sono tonde sotto, mentre quelle che costruisco io partono così, mi (traccia un disegno) a forma di V e uno a forma di U, la barca è stellata e tengono più il mare. Guardi, qui il mare è aperto e vogliono così, Polese -perché eravamo amici- le costruisce come le costruisco io, quelle ponzesi e quelle napoletane a me non sono piaciute mai, ai bosani non piacciono, qui vanno le spagnolette e quelle paranzelle che costruisco io, l’ultima l’ho costruita 5 anni fa, perché ho 80 anni. Ho fatto anche barche da diporto, una cinquantina di anni fa si fermavano i piroscafi e queste servivano per il carico e scarico di farina, pasta, lance con la poppa a specchio, io ne dovevo fare 6 a questo spedizioniere, invece ne ho fatto una solo, quella è un altro tipo i barca, è un po’ piatta sotto , aperta, per caricare, invece queste da pesca è un altro tipo di barca. Mio nonno costruiva il gozzo, io ne ho fatto qualcuno ma non mi piaceva perché aveva la prua così (indica un’asta inclinata a destra), mentre io l’ho fatta dritta, con la pernacchia, che rientra appena appena, quelli di Idini prima facevano i gozzi, la pernacchia era un po’ tonda , i gozzi erano nati qui e poi tutti gli altri facevano i gozzi, i gozzi erano poco acchigliati , la coperta più bombata, l’opera morta più aperta.

D. Potrebbe parlarmi dei materiali?

R. Il materiale di prima e quello che uso oggi io e gli algheresi, come fasciame tutto in pich- pine, invece gli algheresi come lo scheletro, tutte le ordinate le facevano in legno d’ulivo, saranno 25 o 30 anni fa è venuto un tipo che faceva le aragoste, Vittorio Palomba e tutti i pescatori stavano con lui, un tipo di cooperativa, è venuto e io stavo costruendo una barca da 15 metri, una barca per conto della Regione, lui è venuto nel mio cantiere, ha visto che io mettevo rovere, allora è venuto Feniello e ha detto che voleva sostituire l’ossatura d’olivo con l’ossatura di rovere (1955), gli ho dato io 3 metri cubi di rovere. Io faccio chiglia, ruota di poppa, dritto di prua, tagliamare tutto in rovere, io l’ho sempre fatto così, anche mio nonno lo faceva così. Io andavo qua in Sardegna, tagliavo, a Santa Maria, dalle parti di Tempio.

D. Come riusciva a procurarsi la legna, chi la informava?

R. Io mi portavo gli uomini e dove trovavo la legna adatta se trovavo che era tutta buona la tagliavo da terra, la barca è tutta a legno curvo,io prima chiedevo al padrone, allora il padrone la dava la legna per costruire la barca, allora io gli dicevo che dovevo costruire una barca così e così, lui mi diceva, vai, segna tutte le piante che vuoi e poi andiamo e le tagliamo. Le segnavo con due colpi di scure, ne tiravo via un pezzo e restavano segnate. La zona nostra è Monte Crispo, dalla parte prima di Villanova, e anche dopo Villanova, adesso è il tempo di tagliare, se la taglia prima si tarla, invece adesso che la pianta non è germogliata, perché se la pianta è germogliata si guasta; si guarda anche la luna ma la base principale è l’orario: guardi io mi sono trovato alla foresta di don Rodolfo a Cuglieri, c’avevo 8 uomini bosani, e c’era un mio compare di battesimo anche, siamo andati nella foresta che io c’avevo l’ordine di andare là, e bè, fermatevi qui voi, e il padrone allora ha detto, finchè non vengo io non toccate niente, e allora abbiamo mangiato, avevamo un bel po’ di carne di manzo, di vitello e l’abbiamo fatto arrosto, poi ho chiesto al mio compare, che ora è compa’? erano le 8 e mezzo, le nove non erano, per accontentarlo ho detto, prova quella pianta, gli ha dato 2 colpi, usciva dell’acqua così, be contento? Allora per adesso mangiamo, con calma…e il padrone: “date retta al maestro!” e alle 9 e mezzo, dopo che abbiamo mangiato, compa’, comincia a tagliare! Comincia a tagliare con la scure, che era a mano allora, comincia a tagliare, non si è presentata una goccia d’acqua; anche la luna, ma è l’orario…anche l’estate guardi, se a uno gli occorre un po’ di legno, che non si può tagliare, anche d’estate ho tagliato, non mi è mai successo nulla, la cosa principale è l’orario, fuori orario si tarla subito, un tarlo così grosso, è l’orario la base principale, se lei sbaglia con l’orario l’acqua rimane su in cima e si rovina subito, il tarlo si mette quando la pianta si sta nutrendo, allora si foghizza (s’infuoca), allora si mette subito il tarlo, glielo faccio vedere anche in bottega.

D. Lei dice che per le barche serve il legno curvo…

R. Io uso tutto legno curvo, anche adesso, per quelle riparazioni che faccio, vado in campagna, mi porto i modelli, glieli presento e taglio, tutto legno curvo ci vuole; se lei si fa un’ordinata, guarda, tutto si taglia, invece lei da ogni staminale, ogni madiera deve avere il suo modello, modellato direttamente. Io ho adoperato solo rovere, mettevo qualche volta in caso di necessità l’olmo, è buono, ma non è legno che dura, l’ulivo glielo dico io a cosa serve, al fuoco,e al frutto a fare l’olio per mangiare, ma il legno è solo per bruciare, ma non per barche dia retta a me, perché quando lei fascia, mette il fasciame di fuori, e mette il chiodo alla madiera , ogni chiodo fa la spacatura sua; per il fasciame il pitch-pine l’ho sempre comprato qui, viene da fuori, gli hanno messo il nome dalla città da cui viene, Honduras, è il migliore per gli infissi e per il fasciame. Il pice-pine che stanno portando adesso non è più come prima, c’erano tavole che erano tutto resina , il legno deve essere resinoso per l’acqua, invece il legno che non è resinoso, nell’acqua, col passare del tempo si mette subito il tarlo. Invece col legno resinoso è amaro e non si attacca il tarlo. Come fasciame adoperavo anche il mogano io, quando facevo barche per i signori, da diporto, ne ho due disegni in bottega che ne ho fatto due tutte in mogano, dalla cinta, tutta l’opera morta e la coperta, tutto in mogano. La barca perde la curva andando sempre verso prua e verso poppa, più dolce la prua, allora io me li guardo, da qui escono staminali di poppa e di prora, staminali di centro, più curve e tonde, io guardavo l’albero e tagliavo. Questi ragazzi di adesso – sta registrando e non posso neanche dirlo – questi ragazzi, per non prendere il legno così, da tavole larghe modellano, quando lei la inchioda, la tavola, allora spezza lo staminale: Polese, siamo amici, veniva con la moglie e gli piacevano alla moglie le barche che facevo io e diceva “guarda guarda le barche che fa Olivieri”; tutti i giovani d’oggi in qualsiasi mestiere, non è come lavoravamo noi, noi all’antica, infatti a me mi dicono, io faccio anche delle coperture per case, per mio figlio, e i falegnami mi dicono, ma lei è ancora all’antica, e perché non li fai tu, già ti pagano, falli così. Guardi, le dico una cosa, se un pezzo di legno a me non mi quadra bene, se non esce bene poi mi bestemmiano, lo levo, lo sego e lo taglio a pezzi al fuoco, mai ne metto, una madiera o uno staminale delle mie imbarcazioni, nessun pescatore si è mai lagnato che si sia spezzato, nulla, non se n’è rotta neanche una… e io metto chiodi…i giovani di adesso… le barche io le faccio con coscienza, invece i giovani d’oggi se ci vogliono una quarantina di chili di chiodi, neanche 10 ce ne mettono; la barca è fatta di chiodi, se le ne mette pochi, la barca non tiene. D. Parliamo della costruzione R. Quando qualcuno viene a ordinarmi una barca io chiedo che tipo di barca vuole, lui dice “ma, veda lei” allora io dico “se ci passate domani io vi preparo 2 o 3 modelli”:io facevo il disegno, il modellino in legno io l’ho fatto quando ho fatto questa barca di 15 metri per conto della Regione e avevo 30 ragazzi. Prima mi hanno fatto fare un modellino con tutto lo scheletro, fasciame, tutto, di un metro e mezzo, e allora il primo anno che hanno fatto la fiera campionaria a Cagliari e allora mi hanno dato il primo premio. Il modellino ce l’aveva Giovanni del Rio, segretario regionale, gliel’abbiamo portato a Sindia, che lui era di Sindia e se lo tiene nel salotto, così, l’ha voluta lui…Allora sul disegno mi dicevano , voglio quello e così doveva essere. Quando io faccio un disegno che c’ho tre punti, uno al centro, uno a poppa, uno a prora, e pure la larghezza del centro, le madiere, tutte le misure vengono giuste. Quando si imposta una barca si fa chiglia, il dritto di poppa, il ponte – adesso sono tutte col ponte – poi ruota di prora e il navigante, allora si impostava la barca sulla chiglia, 4 madiere, io imposto così, secondo la barca, barca da 6 metri, ne metto 2 centrali, allora su queste madiere il dritto di poppa e il tagliamare di prora, mettevo i modelli, mi regolavo tutta la barca, allora chiamavo il padrone, se la voleva un po’ più tirata , se la voleva più piena di poppa o di prora, allora io facevo quel modello così, dopo che la vedevano dicevano “ah che bella che è, mi piace!” Se era una barca da 8, 9 metri, allora se ne mettevano 4 di madiere al centro, poi ne faccio da queste quattro, una a poppa e una a prora, una a poppa e una a prora, sempre così, e così finisco tutta l’ossatura. Io c’avevo sempre un bel po’ di materiale pronto. Il rovere però quando è tagliato a questo tempo, non si rovina, può tagliare e costruire; io quando andavo le guardavo e dicevo, di qui esce uno staminale, di qui una madiera… dicevano, non sa né leggere e né scrivere , faceva tutte queste cose a occhio. A Cuglieri ne ho tagliato quintali di legno,perché ne usavo di legno.

D. Che tipo di barca preferiscono i pescatori bosani?

R. Attualmente preferiscono la motonave, l’amaltigana, le pranzelle no, perché è un po’ scomoda di prora, perché c’ha lo spigone lungo…invece la motonave c’ha la prora lanciata e non c’ha spigone, non c’ha nulla, e poi è bella perché è tonda bella di prora e di poppa, la motonave è bella. Come figura è più bella la paranzella, che anche mio genero, io a mia figlia gliel’ho fatta, ce l’ho ancora vicino al mio cantiere, è una delle più belle che ci sia a Bosa. La spagnoletta è una delle uniche barche per il mare, le spagnolette andavano con la vela, con i gozzi e le altre barche faceva fuoco a tutte, un barca di cammino, si portava, ma resisteva, era barca tutta giù.. i fratelli Vidili c’hanno il motore, però sempre a vela sono, la barca che tiene di più il mare, a vela specialmente è come una spada. A me come barca mi piaceva la spagnoletta, prima 30-35 anni fa non ce n’erano pescatori, quando ho cominciato a costruire io si sono messi su, ce n’erano una trentina di barche , piccole, 5-6 metri, la più grande era 6 metri. Allora poveretti erano tutti a terra, barche non ce n’erano, le barche erano gozzette, allora abbiamo cominciato a motorizzarle, e poi è venuto su di farle nuove, tutti i pescatori hanno iniziato a chiederle.

D. Come ha imparato il mestiere?

R. A lavorare nelle barche ho iniziato a 14-15 anni, facevo di tutto, le madiere, fasciame…perché mio fratello il grande era un uomo intelligente, un maestro, era un vero maestro e mi voleva bene perché avevo il nome del nonno, “Bartolo, questo tocca a te” e io “già lo faccio, tranquillo”, si fidava di me, lui figli non ne aveva ancora e si fidava di me, poi usciva a prendere il materiale a Tempio, Calangianus, Luras, lui da lì portava tutto il legname, allora ero io il maestro. E’ morto a 93 anni di età e anche mio padre a 93, ma io devo arrivare a 120. Eppure vorrei ancora costruire, mi piace sempre costruire barche grandi, io ne sto rifiutando quasi tutte le settimane. Io sempre solo ho lavorato, prendere gente non conviene, primo che non fanno nulla, se un maestro gli dice che è un pezzo che non gli garba, la figura la faccio io…lui butta tutto e se ne va. Prima io ubbidivo a mio fratello. Mi diceva “mi, la barca deve essere fatta in perfetta regola d’arte, perché mi conosceva a me, e poi per non far fare brutta figura ai miei fratelli e anche la figura mia io lavoravo sempre in piena fiducia, poi mi piaceva il mestiere, ero svelto, precisione e finimento avevo io, le finivo bene le barche, invece quelle che fanno adesso non le finiscono bene, tutte quelle guarnizioni che facevo io non le fanno adesso, ora tutte le tavole liscie, attacca, inchioda… invece io nell’opera morta, l’incintatura sotto il trincanino gli faccio un bel bordo, invece ora non ne fanno, inchiodano e la barca è brutta, se lei guarda al molo, le barche che hanno queste finiture, tutte barche mie sono, tutte barche costruite da me. Quelle che sono tutte lisce le stanno portando da Cabras e da Sant’Antioco, ma non sono belle.

D. Lei le barche le ha fatte solo a Bosa o anche fuori?

R. Eh, ce n’ho a Stintino, ce n’ho ad Arbatax, ce n’ho alla Costa Smeralda, anche 3 a Olbia, ce n’ho ad Alghero, dappertutto… a Santa Lucia ce n’ho, anche ad Arbatax ne ho 2 grandi. In Sardegna c’erano, veramente bravi come sono io i fratelli Polese a Porto Torres e ad Alghero Feniello, e un ragazzo che ha imparato e va ogni giorno in cantiere a Olbia (Pierino Redezchi) perché fa il bidello. Carloforte era anche un posto bello di costruzione, ma hanno abbandonato tutti, c’era Bigio, i cantieri della Sardegna sono tutti fermi, se ne sono tutti andati. Adesso la barca carlofortina stanno facendo gozzi grandi, non motonavi,ce n’è una a Carloforte che dovevo fare ma ne avevo un’altra in costruzione , però io nella forma la barca la faccio più bella. E’ tutta diversa, non la fanno bella di prora, invece io la faccio bella tonda, è lo stile, è la bellezza della barca. Il battello carlofortino è un gozzo, ma non come finimenti. A Cagliari c’era un Boi , bravissimo, ma non come Alghero, a me la barca siciliana non piace, la coperta è dritta e la barca è brutta, invece da noi la barca parte dal centro in su a poppa e a prora, è lo stile della barca quello, invece la barca siciliana, torrnese, ponzese e napoletana sono tutte dritte.

D. E la spagnoletta?

R. La Spagnoletta in Sardegna sarà venuta una sessantina di anni fa. Il gozzo algherese è il tipo genovese. Prima qui c’erano quelle filuche che dice lei, ce n’erano una trentina. A Olbia di quelle ce n’erano un 150. Quando finiva la stagione ce le lasciavano, da Ponza e da Torre del Greco, Napoli, Torre annunziata, Sorrento, tutte barche dritte, lunghe lunghe e strette. Qui ce ne sono due, se lei le guarda dice “oh che brutte che sono!” ma anche il materiale che mettiamo noi, come Polese di Porto Torres, Giuseppino Feniello di Alghero e io, a Ponza, tutto il legno. fino tutto il fasciame lo mettono fine fine, 10-12 mm., invece io la barca da 6m. metto legname da 30 mm., la chiglia, una barca da 7 metri, come spessore la faccio 10, come altezza la faccio 22. Lo spessore, barca da 6 metri, per lo staminale lo faccio da 5 per 7, il numero delle ordinate, se ne vede con tante sono le mie, anche ad Alghero ne mettono meno di me, perché la barca è più solida, quando lei mette le tavole, più vicine sono le madiere ed è più forte a un colpo di mare, a tutto, invece se lei le mette distante, il vuoto fra una madiera e l’altra la tavola 3 cm. Su una barca da 10 metri il fasciame va da 40, allora non guadagnavo niente, non mi interessa, mi interessa la mia fiducia, che il pescatore, se non fa attenzione quando il legname è fino, la tavola si tronca, invece quando è grosso, da poppa, piega e non si tocca, invece la tavola quando è fine , piegandola, qui si rompe subito.