2004 09 Articlo: CANTIERI NAVALI DI LAVAGNA Specialisti in alluminio

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CANTIERI NAVALI DI LAVAGNA Specialisti in alluminio

Un altro dei nomi di blasone della cantieristica nazionale, un'altra delle di quelle aziende che contribuiscono alla crescita del "feeling" che il mercato internazionale dei "superyacht" sta dimostrando confronti delle nostre grandi barche. Stiamo parlando dei Cantieri Navali di Lavagna, forse meglio conosciuti con l'acronimo CNL, dal 1979 di proprietà della famiglia Ceccarelli, come, d'altronde, i Cantieri Navali di Riva Trigoso - acquistati negli anni sessanta dal dott. Aldo, che fu anche presidente UCINA negli anni 1977/78 e poi dal 1983 al 1993 - altra realtà di quelle storiche per l'italico diporto. Due marchi, un piccolo gruppo, quindi, ma concettualmente parecchio distante dalla caratterizzazione industriale che ha contribuito all'affermazione di altre holding nazionali. Qui ci troviamo di fronte a cantieri importanti, che basano però il successo sull'assoluta artigianalità delle lavorazioni, sulla tradizione, sulla personalizzazione massima che possono offrire al loro prodotto, il motoryacht.

Parlando con l'Ing. Succio, direttore del cantiere CNL, abbiamo cercato di sapere di più su questa realtà ligure, spaziando fra strategie, tecnica e quant'altro.

La maggiore caratterizzazione tecnica dei vostri scafi, probabilmente, è quella di essere realizzati in alluminio. Quando avete costruito la prima barca con questo materiale?

Non appena il dott. Ceccarelli acquistò il cantiere, mese più mese meno. Era il 1980 e non credo di essere smentito se dico che in Italia siamo stati i primi a farlo. Ci sono state poi altre realtà che hanno provato, qualcuna con scarsi risultati, altre che come noi sono emerse, accumulando una grande esperienza al punto da divenire, in quella piccola ma significativa nicchia di mercato dei superyacht in alluminio, un riferimento per gli armatori italiani ed esteri.

Quindi, avete accumulato un know how non indifferente in questo settore

Sicuramente, ed è un know how che poi si riscontra vivendo l'imbarcazione in mare. Esistono dei prodotti che possono essere studiati a tavolino, sperimentati in laboratorio, inventati e messi sul mercato. Ne esistono altri dove l'esperienza quotidiana delle lavorazioni, la conoscenza delle barche e del loro elemento naturale, il mare, garantiscono un "plus" capace di qualificare oltremodo il prodotto.

Quali vantaggi offre questo materiale?

Diciamo che la costruzione in alluminio ha una serie di valori aggiunti non indifferenti, tra cui, secondo me fondamentale, consente di poter "customizzare" la barca per ogni singolo cliente, dandoci la possibilità di tradurre in prodotto la sua percezione di lusso, di "lifestyle".

Spesso, però, quando si parla di "custom" si fa confusione perché in molti pubblicizzano barche ampiamente personalizzabili ma poi ci si rende conto che cambiano solo le tappezzerie o quasi.

Potenza del marketing, della comunicazione che, secondo me, in alcuni casi, riescono a far sopravvalutare la valenza del prodotto anche del 70/80%, soprattutto nei confronti di chi ha poca esperienza. Noto sempre più spesso che sono in molti quelli che si avvicinano alla nautica non avendo basi consolidate, gente che viene "colpita" dallo scintillio di qualche particolare ma che non è poi in grado di valutare pienamente le peculiarità tecniche dello scafo. Sul mercato di clienti che comprendano i vantaggi di avere una barca alluminio ce ne sono pochi, si parla di clienti che hanno grande esperienza e che comunque sono alla seconda, terza o quarta imbarcazione. La "customizzazione" è quando, come dicevo prima, si traduce in prodotto la percezione del cliente; il suo concetto di bello, di lusso viene ad essere tradotto in qualcosa che lui può toccare, utilizzare, con il quale può divertirsi...

Dal momento in cui il cliente decide che vuole una vostra barca, come si sviluppa poi l'iter costruttivo, da cosa si parte?

Tutto sta nell'iniziare capendo subito che tipo di esigenze ha il cliente: se vive il mare e come lo vive, con quale approccio. Se è una persona abituata a vivere molto il marina oppure le baie, se ha la necessità di avere molti ospiti a bordo o meno, se è un cliente che ha bisogno di particolari attenzioni in termini di sicurezza personale, se necessita di particolari tecnologie che gli consentano di continuare la sua professione anche stando a bordo. Questo è un pò lo "screening" che facciamo con il nostro cliente, dopodichè il centro stile Admiral va a costruire una serie di ipotesi che piano piano vengono sempre più perfezionate e costruite a immagine e somiglianza delle richieste del cliente. Questo affinamento "vive" con una miriade di disegni, di prove, ma anche invitando il cliente in cantiere per vedere altri scafi in costruzione, dando modo a lui stesso di capire meglio che tipo di esigenze ha, magari prendendo spunto da quanto abbiamo già realizzato. Si crea così una sorta di laboratorio di idee, dove ci si confronta, si parla e si sviluppano i concetti, fino ad arrivare all'elaborazione del progetto finito. Tutte queste cose devono essere chiaramente "mixate" tenendo conto che c'è un unico vincolo: le dimensioni dell'imbarcazione.

Le vostre barche mi sembrano essere molto larghe.

A parità di lunghezza, sono le più larghe sul mercato e questo è uno dei valori aggiunti che le dicevo, concessoci dalla costruzione in alluminio. Mediamente siamo intorno al mezzo metro in più rispetto ai "competitor", che è una cifra enorme in una barca: se considera mezzo metro riportato per 40 metri di lunghezza, moltiplicato tre, lei ha tanto volume vivibile in più, quasi un appartamento.

Il cliente ha libertà nello sfruttamento dei volumi interni oppure imponete qualche vincolo?

Assolutamente no, noi consigliamo cosa si potrebbe fare secondo il nostro punto di vista, quello che al termine dell'analisi, secondo la nostra esperienza, potrebbe essere ottimale per lui, però poi è il cliente quello che decide che tipo di profilo vuole dare all'imbarcazione.

Quindi, normalmente il cliente si porta il suo architetto.

Diciamo che il nostro cliente generalmente porta un "surveior", che è una persona tecnicamente preparata e che va a verificare l'imbarcazione durante la costruzione, e spesso si porta un architetto. In un'imbarcazione che stiamo ultimando abbiamo addirittura due architetti a bordo oltre al nostro, che li segue passo passo in tutte le fasi del progetto e della realizzazione. La sua presenza è indispensabile, quasi di controllo, perché poi le idee dei designer non devono andare oltre ciò che sia effettivamente realizzabile in una barca. Certo, ogni volta cerchiamo di crescere, di migliorare il migliorabile sfruttando ciò che la tecnologia ci mette a disposizione.

Anche nella lavorazione dell'alluminio?

Certamente, basta guardare come si sono evolute le forme delle nostre barche. Oggi siamo in grado di realizzare scafi ricchi di rotondità inimmaginabili fino a qualche tempo fa, che poco hanno da invidiare rispetto a quelle superyacht costruiti in composito. Riusciamo a dare a questo metallo le forme che vogliamo anche perché i tagli del materiale sono sempre più precisi, le saldature non deformano più i pannelli ecc.. Tutto ciò evita stuccature e interventi di carpenteria di vario genere, migliorando il prodotto e accelerando il processo costruttivo.

L'utilizzo di leghe d'alluminio rende le vostre barche più leggere rispetto a quelle in composito. Utilizzate questo vantaggio per offrire barche più veloci oppure ciò vi consente di montare propulsori un pò più piccoli?

La riduzione in termini di peso si sente soprattutto sulle misure più grandi. Stimiamo che fino a barche di circa 27 metri l'alluminio non sia così vantaggioso, comincia a diventarlo al di sopra, dove le nostre barche risultano solitamente più veloci rispetto alla media. Solitamente, un 31 metri lo equipaggiamo con motori da 2200 cavalli, un 33 metri con motori da 2700 cavalli e quindi, in quanto a potenza, non siamo sicuramente al di sotto della concorrenza. Il resto lo fanno le nostre carene, collaudatissime, che non sacrificano le loro consolidate doti di stabilità e tenuta di mare in cambio di "perfarmance" di livello.

Mi dice qualcosa di più sulle carene.

Sostanzialmente abbiamo tre famiglie di carene, abbastanza diverse fra loro. Una viene utilizzata nella produzione dei 25-28 metri, una per il 31 metri e una per il 33 metri, quest'ultima caratterizzata da un angolo a poppa più accentuato proprio perché vogliamo che mantenga certe caratteristiche di affidabilità con ogni mare, ma senza penalizzarne la velocità. Le nostre vendite migliori le abbiamo realizzate con clienti con i quali abbiamo avuto la possibilità di provare la barca con mare formato, quando le nostre carene riescono a dimostrare tutta la loro bontà.

Riguardo al vostro nuovo 40 metri, invece, com'è?

Abbiamo voluto realizzare uno yacht, se mi passa il termine, a due facce. Cioè una barca che fosse in grado di sviluppare velocità di tutto rispetto, nell'ordine dei 26 nodi di massima, che però avesse delle caratteristiche di assoluto comfort anche nell'utilizzo ad andature tipiche dello yacht dislocante, per cui ha una carena a spigolo però leggermente modificata nella zona poppiera, proprio per favorire un ottimo comportamento anche alle basse velocità. Per il Challanger, invece, abbiamo realizzato una carena fatta apposta per interagire al meglio con la propulsione a idrogetto. Poi, abbiamo cercato di assecondare le caratteristiche intrinseche per un grande open e, quindi, prestazioni ma anche manovrabilità, precisione al timone e, ovviamente, comfort.

Da cosa è scaturita l'esigenza di realizzare una barca open?

Dal fatto che la nostra clientela ci chiedeva una barca simile, persone che volevano unire le qualità Admiral, come comodità, lusso, affidabilità, a quelle di una barca un pò più "frizzante", più performante. Il Challenger 85 è un'imbarcazione che fa 40 nodi, ha due motori da 2.000 HP MTU e jet Kamewa. È una barca che adesso stiamo "marketizzando" abbastanza e che ci sta incominciando a dare delle soddisfazioni. Rispetto ai classici fly, si rivolge a un segmento del mercato un pò più allargato perché chi si avvicina all'open è una persona che in genere non ha una cultura nautica specifica, piuttosto ha una cultura della velocità, del "take it easy", insomma, ha un approccio diverso.

Comunque, siete entrati in un settore dove c'è sempre più concorrenza.

Una concorrenza pazzesca. La nostra scelta è stata fatta per dare delle risposte al mercato ma anche come "challenge" per noi stessi, in un certo senso per misurare le nostre capacità e, infatti, lo abbiamo chiamato apposta Challenger. Oggettivamente, il nostro business continua nel fly, come sottolinea anche il lancio di questo nuovo tre ponti di 40 metri. L'Admiral Challenger è un qualcosa che sta crescendo e che piano piano diverrà anch'esso un riferimento.

State pensando di fare una piccola gamma di open, magari più grandi?

Si, adesso stiamo pensando a un 120'. Quello degli open è un filone che stiamo continuando a seguire perché crediamo molto nel nostro prodotto. Per quanto mi riguarda, parto dal principio che prima si fa il marketing e poi si costruisce il prodotto, quindi noi oggi stiamo realizzando un marketing mirato per questo tipo di barca che verrà, in modo che venga recepita come un prodotto di qualità all'interno del suo segmento di riferimento. Questa non è una cosa automatica ma richiede del tempo ed è per questo che stiamo procedendo molto velocemente.

Avete pensato a un Challenger con eliche di superficie?

Ci si potrebbe pensare, anche perché rispetto agli ingombri e alla collocazione degli idrogetti, con le eliche di superficie si potrebbero dare vantaggi di spazio al sotto coperta. Però, al di la dell'aspetto esterno, che rimarrebbe identico, ci sarebbe quasi da riprogettare la barca. Propulsioni diverse, per ben funzionare, hanno bisogno di studi e progetti specifici. Poi dipende sempre con che livello di approssimazione si voglia lavorare, tutto si può fare con il concetto del "o la va o la spacca", passando con apparente disinvoltura dalle eliche di superficie agli idrogetti, ma per noi non è così. Challenger è nata specificatamente per quel tipo di propulsione e ciò ha influenzato l'angolo della "V", il centro di carena, la posizione della paratie, il bilanciamento dei pesi. Cambiando propulsione cambiano tutti questi e tanti altri aspetti tecnici della barca e per come la vediamo noi è impossibile non tenerne conto.

ADMIRAL 31: VARO N. 108

Il 15 Maggio scorso, presso di Cantieri di Lavagna è stato varato il nuovo Admiral 31, costruzione n. 108 del cantiere. Si tratta di un motor yacht moderno e sofisticato, caratterizzato da un design all'avanguardia e layout capaci di assicurare standard di comfort elevati. Come per tutte le realizzazioni di CNL, anche il nuovo Admiral è realizzato in lega leggera e sviluppato sulle esigenze del suo armatore.