2007 03 Articolo: NAUMAChOS 82

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http://www.nautica.it/superyacht/539/naumachos/82.htm testo:

Cantieri Navali di Pesaro

NAUMACHOS 82

"Una rocca galleggiante per affrontare l'assedio degli oceani".

Le parole usate dal designer Stefano Faggioni sono certamente impegnative, eppure descrivono mirabilmente il senso di un explorer vessel destinato a uno dei più grandi personaggi nella storia della subacquea italiana. Nella storia del diporto, sono tanti gli yacht che per un motivo o per l'altro hanno legato il loro nome a quello del loro armatore "storico". Basti pensare al Cristina di Onassis, al NABILA di Khassoggi, allo STEALTH di Agnelli. E' una sorta di fenomeno chimico al quale concorrono in egual misura la magnificenza della costruzione e il prestigio personale del proprietario. Ne scaturisce, quasi sempre, un binomio indissolubile. Abbiamo avuto la fortuna di cogliere sul nascere questa concomitanza di fattori, quando Stefano Carletti ci ha raccontato - nel corso di un'intervista - la sua intenzione di costruire per sé una barca con la quale tornare laddove, trentanove anni fa, ebbe inizio la sua fama internazionale di subacqueo: cioè il punto dell'Oceano Atlantico, circa 20 miglia a Sud dell'Isola di Nantucket, dove riposa il relitto della turbonave italiana Andrea Doria. Già perchè, nell'estate del 1968, Carletti fece parte della troupe di subacquei che girò il primo documentario sullo scafo affondato. A fine riprese, vi collocò personalmente una pesante targa che recitava: "Siamo venuti fin qui per lavorare perché l'impossibile diventi possibile e l'Andrea Doria ritorni alla luce".

"Ora che è chiaro che quella nave è destinata a restare per sempre negli abissi" ci disse Carletti "ho deciso di tornare a riprendermi quella targa".

La missione del 1968 ebbe qualcosa di davvero eccezionale, a cominciare dalle attrezzature subacquee, che erano praticamente le stesse utilizzate per le immersioni sportive in acque basse: bombole ad aria compressa, mute di neoprene, erogatori di serie. Ma il gruppo era composto da atleti esperti, allenati e giovani. Ora, che è alle soglie dei sessantasette anni, Carletti pretende - giustamente - di tornare nelle acque fredde e torbide di Nantucket con un'attrezzatura ben diversa. A partire dalla barca- appoggio, appunto, che è quanto di più speciale si possa immaginare.

Al suo progetto è stato dato il nome di Naumachos, come la barca con la quale egli navigò un po' ovunque negli anni della sua giovinezza e come il titolo del bellissimo libro - appena rieditato da Mursia - che scrisse per narrare le sue avventure subacquee nelle acque della Sicilia. Ciò fa immaginare quanto il pathos abbia avuto un ruolo di fondo, e perciò importante, lungo tutto il delicato passaggio dall'idea iniziale al progetto tecnico. E spiega pure come mai Carletti, che aveva ben in mente il concetto socratico della sua nave, non ne avesse trovata neppure una - nella realtà di tanti cantieri visitati intorno al mondo - capace di somigliarle. Da qui l'inevitabile decisione di crearne una nuova, dal nulla. Partner preziosi di questa gestazione, Sergio Cutolo per l'engineering e Stefano Faggioni per il design. Non poteva esserci scelta migliore, anche sotto il profilo della sensibilità personale: nel raccogliere le idee dell'armatore, Cutolo ha sentito di avere in testa da sempre l'idea di quella barca, senza tuttavia averne mai avuto la consapevolezza; Faggioni ha subito pensato - sono parole sue - a "una rocca galleggiante per affrontare l'assedio degli oceani".

Quanto al cantiere al quale affidare la costruzione, non poteva trattarsi che di un'azienda certamente abituata a trattare unità da lavoro ma anche capace di rispondere con prontezza ed elasticità alle esigenze imposte dal progetto di uno yacht. Con Ennio Cecchini, presidente del Cantiere Navale di Pesaro, l'intesa fu immediata: avrebbe realizzato il Naumachos in appena dodici mesi.

Oggi, guardato con gli occhi di chi si aspetta un motoryacht prestato al lavoro, il nuovo mezzo di Carletti appare estremamente originale. Ma in realtà si tratta esattamente del contrario: il Naumachos 82 è una barca da lavoro, concepita per l'uso più professionale che si possa immaginare, con alcune stupefacenti caratteristiche da yacht di classe eccelsa. Si sarebbe addirittura tentati di definirla "colta", proprio per la sua capacità di trasmettere quello stesso senso di matura sapienza che caratterizza il suo armatore, uomo di lettere animato dalla curiosità che è tipica dei grandi esploratori.

Si tratta di uno scafo dislocante lungo 24,50 metri fuori tutto, dotato di un motore principale Baudouin da 550 hp, per una velocità massima di 11 nodi a 1.900 giri e una velocità di crociera economica di 9 nodi a 1.600 giri, ciò che gli consente di coprire una distanza di 4.500 miglia in 500 ore di navigazione, in qualsiasi condizione meteomarina. Una volta tanto, insomma, la categoria di progettazione "A" perde il suo sapore burocratico e trova la sua piena realizzazione in un'unità che - tanto per fare un esempio - può attraversare l'Atlantico a qualsiasi latitudine. Scafo e coperta sono di acciaio, mentre le sovrastrutture - che hanno lo sviluppo verticale della "rocca" concepita da Faggioni - sono in lega leggera di alluminio.

Anche la nostra visita a bordo ha qualcosa di speciale, di originale: anziché cominciare dagli ambienti di rappresentanza e dalle cabine - protocollo amato da chi punta sugli arredi più che su qualsiasi altra caratteristica - prende avvio dalla sala macchine, alla quale si accede dalla plancetta di poppa. Ci piace piace immaginare che sarà proprio questo il centro operativo dal quale verrà diretta la prossima missione sul relitto del Doria. E infatti, appena superato il portello stagno, ci troviamo nell'ambiente dedicato alle attrezzature subacquee - delle quali fa parte anche una camera iperbarica - e alle macchine ausiliarie. Nella sala successiva, separata da un portello tagliafuoco, tutto ruota intorno al motore principale. La scelta del Baudouin 6M 26 SR è stata basata esclusivamente sulla pura statistica: è, per la fascia di potenza intorno ai 500 hp, il motore da lavoro che risulta essere meno soggetto ad avarie di ogni genere. La pulizia che regna nell'ambiente è da sala operatoria, ma di clinica d'avanguardia. Non c'è elemento vitale o secondario dei vari impianti che non possa essere raggiunto facilmente per un'ispezione o per una riparazione. Se possibile, la maggiore attenzione è stata dedicata al sistema di alimentazione, consci del fatto che il 90 per cento delle avarie a carico dell'apparato motore proviene dalla qualità della nafta che giunge agli iniettori. In pratica è come se il carburante venisse trattato da una sorta di gruppo di "potabilizzazione" in grado di renderlo purissimo anche se, per motivi diversi ma tutt'altro che rari, nei grandi serbatoi di riserva - 30.000 litri utilizzabili - ne fosse stato immesso di sporco o annacquato.

Com'è logico, la visita prosegue sul ponte di comando, anche se l'attraversamento del salone per raggiungere la plancia ci offre un assaggio del raffinato buongusto che regna negli ambienti - per così dire - residenziali.

Manco a dirlo, la timoneria è di taglio professionale, con gli strumenti ben visibili da ogni posizione. Il controllo centralizzato di tutte le funzioni, a mezzo di un complesso network informatico, fa capo a un monitor touch-screen che permette di agire con immediatezza su qualsiasi sistema, dalla gestione del carburante a quella dell'acqua, dall'antincendio alla fanaleria. Inoltre, un video ad altissima definizione, collegato con una telecamera che può essere orientata in ogni direzione per mezzo di un joystick, permette di tenere sotto osservazione ogni angolo della sala macchine e addirittura, zoomando opportunamente, di leggere il quadrante degli strumenti di misura posti in prossimità delle apparecchiature.

Per quanto possa sembrare strano, soprattutto a chi non conosce personalmente l'armatore, esiste una stretta coerenza stilistica tra la raffinatezza funzionale degli spazi tecnici e la sobria eleganza del salone e delle cabine. Il fatto è che Carletti si muove con estrema disinvoltura tanto tra le tubolature di un Diesel-dinamo quanto tra le austere sale di un club inglese. Perciò ha come messo la sua firma su ogni centimetro quadrato della sua nuova barca.

L'articolazione degli interni tiene conto dell'esigenza di ospitare, su due ponti separati, un totale di otto passeggeri e quattro membri di equipaggio. Perciò gli alloggi privati si trovano tutti sotto il livello di coperta, laddove i movimenti oscillatori dello scafo - che peraltro è dotato di un sistema antirollio a quattro pinne attive, efficace anche a barca ferma - risultano meno evidenti. Quanto allo stile degli arredi e dei loro preziosi complementi etnici, sono le immagini a parlar chiaro. C'è tuttavia qualcosa che le fotografie non possono assolutamente trasmettere: il profumo del rovere, che costituisce l'essenza principale, e quello del cedro, utilizzato per foderare gli armadi, i cassetti e gli stipi.

A questo punto è lecito chiedersi quanto la forte impronta personale che caratterizza la barca di Carletti - che, per inciso, porta il nome di Bodry I - si rifletterà sul progetto di sviluppo che da esso trae origine. Ebbene, premesso che sulla carta già ne esiste la versione charter - per dodici passeggeri e cinque membri di equipaggio - e che entro la fine del 2007 verrà varato il modello da 115 piedi, è evidente che la filosofia custom resterà parte integrante del programma Naumachos. In sostanza, cioè, ogni singola unità continuerà a esprimere quel magico bimonio che, come detto all'inizio, unisce indissolubilmente il nome di una grande barca con quello del suo prestigioso armatore.

  • SCHEDA TECNICA
  • Progetto: Stefano Carletti (concept), Hydro Tec (engineering), Studio Faggioni (styling & interior design)
  • Lunghezza f.t. m 24,50
  • Lunghezza al galleggiamento: m 21,80
  • Larghezza: m 7,20
  • Immersione: m 2,30
  • Dislocamento standard: kg 131.000
  • Motorizzazione: Baudouin 6M 26 SR 1 x 550 hp
  • Velocità massima: nodi 11
  • Velocità di crociera economica: nodi 9
  • Riserva carburante: litri 30.000
  • Riserva acqua: litri 4.000
  • Produzione dissalatori: litri/giorno 7.200
  • Generatori: 2 x 40 kW
  • Stabilizzatori: 4 pinne attive "zero speed"
  • Categoria di progettazione: A.


Per ulteriori informazioni: Cantiere Navale di Pesaro, Strada tra i due Porti 48, 61100 Pesaro. Tel. 0721-42481; fax 0721-24679. Website www.cnp.it; email cnp@cnp.it