2007 06 Intervista: Carlo De Benedetti Capitano di lungo corso
Riproponiamo l'articolo di Yacht Capital del 2007 06 apparso su Yachtonline. Il link a seguire non è attivo perché l'editore ha cancellato o oscurato tutto il materiale postato http://www.yachtonline.it/people/carlo-de-benedetti
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People | Carlo De Benedetti
Capitano di lungo corso

Il mare non lo lascia mai. Neanche qui, nel suo ufficio al centro di Milano, l'ingegner Carlo De Benedetti, 72 anni, presidente del Gruppo Editoriale L'Espresso, riesce a farne a meno. È un mare diverso, fatto di foto che scorrono sul suo screen saver. Ma è sempre il suo mare, perché quelle foto sono i fotogrammi di otto anni passati in giro per il mondo. Dal 1998 al 2006, per almeno 90 giorni l'anno (40 in estate e 50 a slot di 10), l'ingegnere ha percorso 157.122 miglia a bordo del suo ITASCA, un rompighiaccio bianco e blu di 52 metri. Una vita passata a guidare aziende, prima che un amico, Piero Ottone, lo rimproverasse di non avere un hobby, uno svago, nulla a parte il lavoro. Come sempre fanno gli uomini di spessore, De Benedetti prende le parole dell'amico come uno spunto da cui partire. E partire va inteso in senso assolutamente letterale. Il rimbrotto di Ottone porta la data del 1992. Lo stesso anno in cui De Benedetti si risposa; poi la decisione di comprare il Moro di Venezia II appartenuto a Raul Gardini. Quindi l'acquisto dell'ADESSO, uno sloop di 35 metri progettato da German Frers. Giusto il tempo di fare qualche viaggio e poi la decisione di partire, alla scoperta del mondo, a bordo dell'ITASCA. È il primo passo verso un idillio vissuto in totale sintonia con il mare e con la moglie Silvia. «Sono stati anni felici. Se con me non ci fosse stata mia moglie sarebbe stato tutto molto meno emozionante», racconta.
Un nuovo inizio, dunque... Una nuova epoca della mia vita. È durata otto anni. Con il comandante, Dale Winlow, che aveva seguito Gardini in Coppa America. Ora per me sta iniziando un'altra fase. Ho girato il mondo con l'ITASCA, yacht a motore con cui ho percorso 115mila miglia. Ma è arrivato il momento di tornare alla vela, con l'ADESSO. Ho chiuso un ciclo e voglio aprirne un altro: voglio navigare solo nel Mediterraneo. Per questo ho chiamato così la barca, sta per "Adesso faccio questo; Adesso cambia la mia vita". È il motivo che l'ha spinta a vendere Itasca? Sì. Vivere il mare a vela è diverso dal viverlo con una barca a motore. Prenda il vento: con la vela lo aspetti, lo adori, lo invochi. Su un motoryacht è quasi un fastidio. E poi la vela ti regala un contatto con il mare che non ha eguali. La vela è la natura, l'Itasca era l'esplorazione del mondo, il gusto di viaggiare nel modo più comodo possibile. Sono andato comodamente ovunque, e potevo ospitare gli amici nel comfort. Ormai si era creato il Club degli amici dell'Itasca. La barca a motore toglie tutto l'aspetto sportivo e romantico del mare, ma ti dà la possibilità di arrivare ovunque. L'Itasca l'avevamo comprata a San Diego e rimessa completamente a nuovo a Genova, per renderla più simile al nostro gusto. Aveva interni un po' troppo... da motel americano. Quali sono i ricordi più belli legati all'esperienza di Itasca? Tantissimi. Innanzi tutto l'Antartide. Ci sono delle foto di quel viaggio che non mi stanco mai di guardare. Ma ce ne sono tanti altri. Come quella volta che abbiamo avuto il permesso di ancorarci sotto la Statua della Libertà. Sono stato a New York infinite volte, ma arrivarci con la mia barca è stata un'emozione che non si può paragonare a nulla. Sono stato ancorato dieci giorni al 68, a Manhattan. Andavamo a fare shopping e tornavamo in barca, invece che in albergo. Ma è stata una grande emozione anche passare il canale di Panama. Lei ha viaggiato molto anche nel Pacifico. È un oceano bellissimo. La Nuova Caledonia, le Tuamotu, Hong Kong, il Mar della Cina, Papua Nuova Guinea. In Nuova Caledonia ho visto per la prima volta due tartarughe giganti accoppiarsi. In una baia di Tonga ho visto due balene nuotare con tre piccoli appena nati. Il Pacifico è un mare infinito, pieno di isole con gente semplice, che vive di pesca, immersa in una realtà diversa dalla nostra, persone che hanno una diversa idea di felicità. Ci descrive qualcuno di questi incontri? Sono stati occasioni per riscoprire il piacere delle cose semplici, di un mondo in cui più che il denaro, con cui siamo abituati a misurare tutto, contano altre cose, come le relazioni umane, il baratto. Ogni volta che sbarcavamo su una di quelle isole riscoprivamo il valore di un sacco di riso o di zucchero. Il mare è spesso anche occasione di riflessione. Senza dubbio. Io mi sono chiesto spesso, di fronte a queste persone, se per caso non fossero più felici di me, pur non avendo molto. E lì capisci che tutto è relativo, anche la felicità. Da questo punto di vista, la barca a vela era più in sintonia con il resto, perché alla fine su Itasca avevo anche tutto il necessario per lavorare, per tornare nella mia dimensione quotidiana. Non ha mai pensato di approcciarsi al mare anche dal punto di vista agonistico? Non ho mai fatto una regata in vita mia. Non mi emozionano, non ho il senso della competizione. Nel momento in cui trasferisci nel mare la competizione stai prolungando te stesso. Nella mia vita e nel mio lavoro ce n'è già tanta. Il mare mi piace proprio perché non c'è un avversario da battere o un consuntivo positivo o negativo. Il rapporto con il mare è tutto nell'emozione che ti porti dietro. Il conto economico sono le emozioni. È fantastico. Al timone o al sole? Non posso concepire di prendere il sole su una barca a vela. Quindi timone. A volte ho fatto anche turni di notte con l'equipaggio. Se le vele sono su, io sono al timone, non ci piove. Posso cederlo per andare a mangiare due spaghetti. Rada o banchina? Non siamo mai stati in banchina, né con Itasca né con Adesso, né a vela né a motore. Così come non abbiamo mai avuto un posto barca. Io odio le banchine, non sopporto la gente che sta lì e ti guarda. Perfino quando siamo stati in Sardegna ad agosto, i marinai scendevano a terra a fare la spesa con i gommoni. Ma attraccare in banchina no, mai. A parte sua moglie, con chi prenderebbe il largo? Con Piero Ottone, senza dubbio. È la persona con cui più mi piace parlare di mare. Ha 82 anni e ancora oggi trascorre ogni Natale in barca. Lei parla di Adesso come di un nuovo punto di partenza. Verso dove? Verso il nostro mare, il Mediterraneo. Voglio tornare al mare vero, cioè alla vela, e salpare avendo una sola regola: mai oltre Gibilterra. Ci sono tanti posti belli da vedere e rivedere in Mediterraneo, e Adesso è una delle barche più belle che ci siano in questo momento, grazie al gusto di Gae Aulenti e German Frers. L'abbiamo appena risistemata. È pronta a sciogliere le vele. (Yacht Capital, n.6/2007)
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