2009 05 Articolo: Riva, tra passato e presente
Riproponiamo il testo dell'articolo di Emilio Martinelli tratto da YD n. 5/2009 apparso su Yachtonline. Il link a seguire non è attivo perché l'editore ha cancellato o oscurato tutto il materiale postato http://www.yachtonline.it/design/riva-presente-e-passato
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testo:
Riva, tra passato e presente
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Non bisogna pensare ai monumenti e andare avanti. Una massima un po’ zen facile a dirsi, ma difficile da mettere in pratica. Specie se i monumenti in questione, con tutto il rispetto, sono un’imbarcazione come l’Aquarama, che è diventata un mito, e un attivissimo e brillante signore di 78 anni che nell’ormai lontano 1962 questo mito l’ha disegnato: l’architetto Giorgio Barilani. Lui, però, puntualizza: «È ancora motivo di discussioni con Carlo Riva quando scrivono che sono il papà dell’Aquarama. Non è vero. Io ho sempre detto che Aquarama è una delle varie versioni, di cui ho gli originali a casa, tra i quali Carlo Riva ha scelto quello che sarebbe diventato l’Aquarama. Insomma non sono il papà, ma l’ho disegnato. È diverso». Una premessa molto importante per l’architetto, che confessa di aver tracciato le prime linee di questa e delle altre sue creature su un foglio A4 («I fogli grandi mi spaventano»).
Ma torniamo all’andare avanti. Chi lo fa, e da anni, sono Mauro Micheli e Sergio Beretta con la loro Officina Italiana Design dalla quale, a partire del 1994, escono i nuovi Riva. Studi al liceo artistico di Bergamo e poi all’Accademia di Belle arti di Milano il primo, laurea in Economia e commercio e una grande passione per l’arte contemporanea e il design il secondo, Micheli e Beretta hanno raccolto il testimone di Barilani, storico progettista Riva che, entrato in cantiere nel 1956, ne è stato responsabile della progettazione dal 1970 a 1996. Persone ed esperienze molto diverse, che si ritrovano nell’unicità degli scafi del cantiere sul lago d’Iseo.
«Non c’era paragone tra il modo di lavorare in Riva e quello degli altri cantieri», racconta Barilani. «La tecnologia di un Riva di legno resta irraggiungibile. Ricordo che quando è stata realizzata l’ultima versione dell’Aquarama Special e bisognava costruire la scaletta incorporata nello specchio di poppa, l’ingegner Carlo Riva fece costruire uno specchio di poppa completo e poi lo mise sott’acqua per due mesi per vedere cosa succedeva con gli incastri». Altissimo livello di costruzione, cura per il dettaglio, unicità: per Mauro Micheli sono questi i componenti del Dna di ogni modello del cantiere di Sarnico. «Davanti a un Riva si ha la concreta percezione della qualità dell’oggetto», spiega il designer. «E non parlo tanto del design, ma proprio della sensazione al tatto. Riconosci davvero che sono un’altra cosa».
La risposta a un’inserzione del cantiere che cercava un giovane per l’ufficio di progettazione e la selezione sotto gli occhi di Barilani: Mauro Micheli nel 1985 entra in Riva. «Non sapevo nulla di nautica. Ho imparato da Barilani e dall’architetto Carlo Pagani», confida. «Poi, quando loro sono usciti dal cantiere ed è nata Officina Italiana Design, sono seguiti un contratto di consulenza esterna e poi il lavoro dello studio in esclusiva per Riva».
Ben 11 i Riva fin qui firmati dallo studio bergamasco. Primo della lista: l’Aquariva. «Per disegnare questo modello, che raccoglie l’eredità dell’Aquarama, ho dovuto dimenticarmi dell’icona Aquarama», continua Micheli, «altrimenti sarebbe stato molto difficile trovare qualcosa di nuovo. La filosofia Riva però c’è tutta: nell’utilizzo del legno, per esempio, che su Aquariva è presente in maniera razionale, lavorato in modo impeccabile, ma usando anche tecnologie moderne (la falchetta è tagliata con utensili a controllo numerico). Soprattutto abbiamo cercato di mantenere la morbidezza delle forme usando al meglio la vetroresina, un materiale molto interessante, che si può lavorare molto bene e che dà spazio al design. Che il progetto sia riuscito lo dicono anche i numeri: fino a oggi sono stati prodotti quasi 200 Aquariva: significa che è un prodotto che funziona».
Aquariva nel 2001, Rivarama nel 2002 e poi Opera, Ego fino al Duchessa del 2008 e al nuovissimo 86’ Domino. Imbarcazioni di dimensioni molto diverse tra loro eppure assolutamente riconoscibili. «Riva è un marchio difficilissimo», interviene Sergio Beretta, «ma riesci a realizzare progetti validi se hai un buon rapporto con chi dirige il cantiere. Ed è il nostro caso con Norberto Ferretti, che ha una lunghissima esperienza e ci lascia grande autonomia». Ma sono anche imbarcazioni dal carattere deciso, su cui Micheli e Beretta hanno inserito anche elementi sviluppati proprio da Barilani nelle sue creazioni, mantenendo in questo modo una continuità che non è semplice trasposizione. «Sullo Sportriva, che è del 2007», spiega Micheli, «abbiamo inserito un elemento dello Sport Fisherman, un progetto di Barilani di quasi 30 anni prima. Si tratta del disegno della piccola tuga, ovviamente elaborata e plasmata all’interno di questa nuova forma». E il termine “forma” porta alla grande distinzione che c’è tra i vari scafi di Sarnico. «È una particolarità del cantiere», spiega Micheli. «Potremmo, come fanno altri, prendere un modello e spalmarlo su più dimensioni e su più versioni, invece i Riva sono conosciuti per il loro nome e hanno la loro personalità. Non sono una sigla e un numero».
Il discorso sui nomi riporta all’Aquarama e a un’ultima domanda. Ma mettendo accanto un Aquarama a un Aquariva si trova un filo conduttore? «Crediamo di sì», afferma Mauro Micheli. «Quando è uscito il primo esemplare di Aquariva ed è stato messo accanto a un Aquarama, ci siamo detti: “Speriamo che regga il confronto”. E in effetti lo regge». L’architetto Barilani annuisce, come fanno i maestri quando l’ex allievo fa bella figura. È d’accordo pure lui, che non vuol essere chiamato il papà dell’Aquarama.
Emilio Martinelli
Tratto da YD n. 5/2009