2019 01 Articolo: “Mi sono ripreso le quote di Sanlorenzo in mano ai cinesi per crescere ancora”

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“Mi sono ripreso le quote di Sanlorenzo in mano ai cinesi per crescere ancora”

Intervista a Massimi Perotti, patron del cantiere che è il terzo produttore mondiale di superyacht. «Ora si apre una nuova fase». Acquisizioni in vista “Mi sono ripreso le quote di Sanlorenzo in mano ai cinesi per crescere ancora”

FABIO POZZO

PUBBLICATO IL 11 Gennaio 2019

Massimo Perotti ha avviato la terza fase di vita del suo cantiere - Sanlorenzo, quartiere generale ad Ameglia, terzo produttore mondiale di superyacht -, nel dicembre scorso. Lo ha fatto riportandosi a casa quelle quote di capitale, pari al 23%, che aveva ceduto ai cinesi di Sundiro Holding, ai quali era ricorso nel 2013 per poter affrontare un aumento di capitale. «Il mio è il caso del padrone che morde il cane e non viceversa...», scherza.

Perotti, come è nata l’operazione? Si è fatto avanti lei?

«No, sono loro che mi hanno chiesto se mi interessava rilevare la loro quota. Mi hanno chiamato alcuni mesi dopo che mi ero ripreso il 16% che deteneva il Fondo Italiano di Investimento. Non ho mai perso il controllo del cantiere, ma la loro proposta mi offriva la possibilità di consolidarlo sino a raggiungere il 96% del capitale. Ho accolto l’invito, facendomi finanziare dalle banche».

Perchè era ricorso ai cinesi?

«Facciamo un passo indietro. Ho acquisito i Sanlorenzo nel 2000, dopo essere uscito da Azimut-Benetti, di cui ero stato manager e dopo aver venduto il 6% delle mie azioni di quel gruppo. Non avevo altre risorse, mio padre era un artigiano, non provengo da una famiglia ricca. Chiesi aiuto a Mittel, che condivise il mio percorso con il 35% del capitale, quota che ho poi rilevato nel 2008. Un anno infausto, perché da lì a poco il mondo della nautica crollò: crisi nera. Per resistere, per andare avanti, sono ricorso a un primo aumento di capitale, con l’aiuto del Fondo Italiano. Quest’ultimo, socio meramente finanziario, è uscito nel luglio scorso: i patti parasociali mi consentivano di esercitare l’opzione di riacquisto delle azioni. Poi, nel 2013, il secondo aumento di capitale...»».

Con i cinesi, appunto.

«Avevo bisogno di liquidi. Da solo non ce l’avrei fatta. Il settore era in crisi, noi abbiamo resistito senza un giorno di cassa integrazione e mantenendo il fatturato».

Senza quell’aumento di capitale?

«Probabilmente Sanlorenzo non sarebbe l’azienda che è oggi...».

Perché ora Sundiro si è chiamato fuori?

«L’accordo prevedeva che noi li aiutassimo a costruire barche sotto i 20 metri di lunghezza in Cina, ma la nautica nel Regno di Mezzo non è decollata. A ciò si deve aggiungere che il presidente con cui sottoscrissi l’accordo è uscito da Sundiro e ha ceduto le quote e che il presidente subentrante non ha interesse nel diversificare negli yacht. Infine, va anche detto che Sundiro è in crisi di liquidità ed era interessato a fare cassa».

Un doppio salto, a ben guardare. Prima si è ripreso il 16%, poi il 23%, decimali a parte. Opportunità, o anche il momento giusto?

«Entrambe le cose. Il settore ha ripreso a crescere, di oltre il 10% secondo Ucina-Confindustria nautica. I cantieri italiani vanno forte nel mondo e, se mi si consente, tra questi ultimi Sanlorenzo sta facendo bene. Ci siamo mossi in anticipo, con nuovi modelli, col posizionamento del brand e acquisendo e ampliando gli spazi produttivi (ad Ameglia, La Spezia, Massa e Viareggio). Nel complesso, investimenti per 100 milioni. Il che ci ha consentito di beneficiare prima di altri della ripresa. I numeri ci danno ragione. Abbiamo chiuso il 2017 con un fatturato di 300 milioni, chiudiamo il 2018 con 380 e pensiamo di raggiungere quota 460 milioni, nel 2019 con un incremento del 20%. Ma, soprattutto, abbiamo un portafoglio ordini di 500 milioni di euro, con la produzione del 2019 già venduta, così come parte di quella del 2020. Guardiamo al futuro con ottimismo».

Lei, con la Holding Happy Life di cui fanno parte anche i suoi due figli, ha oggi il 96% dei Sanlorenzo. Le quote restanti?

«Sono dei manager, che presto saliranno di grado».

In che senso?

«Ho un consiglio di amministrazione lunedì, non posso dire ...».

Parla di terza vita del cantiere. Che intende?

«Si apre una fase di espansione, dopo gli anni di avanzamento dall’acquisizione del cantiere nel 2000 al 2008 e dopo quelli di crisi della nautica. Cresceremo sviluppando Bluegame, il marchio lanciato di recente e con nuove linee di prodotti complementari a Sanlorenzo. Ci saranno anche nuove acquisizioni».

Settori? Marchi?

«Diciamo che si tratta di barche e di servizi».

Di recente ha aperto le porte di Sanlorenzo anche a Carla Demaria, presidente di Ucina, in rotta con Bénéteau, di cui era direttore generale. Il salvataggio di un’amica?

«Carla è uno dei miglior manager della nautica. Ha portato da zero a 70 milioni di fatturato il marchio Montecarlo Yachts, altro che solo amica. Ci darà una mano a crescere ancora, ma non occupandosi direttamente del marchio Sanlorenzo».