PROTEZIONE CATODICA

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http://www.ilfarodellamente.it/FRMNT_A/NAUTICA/La%20tecnica%20della%20protezione%20catodica.htm

TESTO:

Protezione Catodica

Il sistema più semplice ed antico usato a protezione dalla corrosione, o meglio dall'ossidazione, e' la verniciatura. Chiamata tecnicamente protezione passiva , agisce da barriera passiva, appunto, all'attacco dell'ossigeno sulla superficie metallica. L'ossidazione produce ruggine se il materiale attaccato e' ferroso, oppure ossidi non meglio identificati se il materiale e' alluminio, bronzo, etc. Un altro sistema a nostra disposizione e' la protezione attiva anche detta protezione catodica. Come spesso succede nel cammino dell'Uomo verso la Conoscenza, la protezione catodica, alla sua prima utilizzazione pratica, fu un disastro! Furono le navi a vela in legno del XIX secolo ad averne bisogno in quanto, non avendo a disposizione le vernici antivegetative per proteggersi dai molluschi e dalla flora marina, rivestivano l'opera viva con lastre di rame. Questi rivestimenti ossidandosi, producevano verde rame antivegetativo; come conseguenza, le lastre si consumavano rendendo comunque necessario il carenaggio. A qualcuno venne la bella idea di sfruttare certe reazioni chimiche per proteggere il rame da questo logorio, installando del materiale che consumandosi al posto del rame si sacrificasse, lasciando così le lastre lisce e dorate. Erano nati i primi rudimentali anodi sacrificali. La protezione catodica quindi funzionava, purtroppo però, le lastre non ossidate perdettero l'effetto antivegetativo. Gli "zinchi", che il diportista medio osserva con aria sospettosa quando la barca e' in secca, sono appunto anodi sacrificali. Ma gli "zinchi" sono proprio di zinco ? Sono soprattutto leghe a base di zinco e talvolta a base di alluminio o di magnesio. E' l'ossigeno la causa principale della corrosione infatti la combinazione tra l'ossigeno ed il metallo avviene perché c'e' uno scambio di cariche elettriche, cioè circola corrente elettrica. La verniciatura e' generalmente isolante cioè non lascia passare cariche elettriche quindi, finché non ci sono parti metalliche a contatto con l'ambiente, la corrosione non avviene. Ogni metallo e’ diverso dall’altro e tale diversità è il "grado di nobilita" misurabile come il potenziale che il metallo assume se immerso in un elettrolita. A questo proposito possiamo subito dire che l'acqua di mare, manco a farlo apposta, e' un elettrolita favoloso per innescare i processi di corrosione. Dal punto di vista corrosionistico sono più fortunati i diportisti d'acqua dolce. Se si ripete l'esperimento di Alessandro Volta quando inventò a pila, accoppiando due metalli di diversa nobiltà (es. zinco e acciaio) si nota che:

1) passa corrente elettrica attraverso il collegamento

2) il metallo meno nobile tra i due si consuma (lo zinco), mentre quello più nobile tende leggermente a ricoprirsi con una patina protettiva (l'acciaio). Questa patina protettiva, essendo molto delicata, appena muoviamo l'imbarcazione se ne va via.

Nel caso di scafi di alluminio il principio di funzionamento non cambia ma accade qualcos'altro: siccome l'alluminio puro non viene mai usato per costruire barche e le sue leghe hanno potenziali elettrochimici piuttosto variabili, potremmo avere sgradite sorprese. Riguardando un attimo la tabella scopriamo infatti, che lì vicino c'e' lo zinco in lega per la costruzione di anodi ed e' facile che accoppiandoli, il materiale del nostro scafo invece di essere più nobile (e quindi protetto) finisca per essere meno nobile corrodendosi al posto degli anodi, quindi perché rischiare ?

Le leghe per scafi di alluminio, soffrono anche di un altro problema legato alla patina di ossido che le ricopre. Tale patina, risulta abbastanza tenace all'attacco degli agenti esterni, ma non sopporta il passaggio di forti correnti elettriche, quindi non e' consigliabile applicare allo scafo neanche gli anodi di magnesio perché con il loro alto potenziale innescano correnti elettriche troppo arzille. L’unica cosa seria da prevedere, quando l'imbarcazione e' ferma in porto, e' di tenere l’anodo di magnesio ad una certa distanza dalla carena, possibilmente di lato. Si possono installare calandoli dal bordo cercando di tenerli ad una distanza di circa 2.5 / 3 m dallo scafo, ponendo attenzione anche a non infilarli nel fango del fondo che impedirebbe loro di lavorare bene. La quantità di anodi da installare in questo modo dipende dalle dimensioni dello scafo : Prendendo come base la misura di 2.5 m come distanza di sicurezza, e' consigliato tenere almeno 5 m tra un anodo e l'altro. Per esempio, su imbarcazioni sino 10/12 m potremmo installarne due : uno calato da poppa e l'altro da prua, mentre sino 15/16 m ne installeremo quattro aggiungendone uno per lato. Nessun problema invece per gli scafi di acciaio che possono indifferentemente essere protetti da anodi di zinco, alluminio o magnesio, l'unica differenza con gli scafi di alluminio e' che gli scafi di acciaio devono essere protetti anche con la protezione attiva. Andare in giro senza e' da criminali. Generalmente si usano anodi piatti da installare sulla carena, che non rovinano troppo la forma dello scafo. Vanno installati in modo abbastanza uniforme sull'opera viva addensandoli leggermente vicino la ruota di prua e nella zona timone - elica; cioè nelle parti dove c'e' maggior apporto di ossigeno per effetto del moto dell'imbarcazione. Passando alle problematiche inerenti l'installazione ed alla manutenzione, l'errore più comune e' quello di verniciare sotto l'anodo, o peggio anche l'anodo, interrompendo così il flusso di elettroni: il circuito smette di funzionare e siamo daccapo a correr dietro alla ruggine. Se la protezione catodica funziona bene, il metallo da proteggere non si corrode! Se su un metallo protetto si continuano a vedere nuove tracce di ossidazione, vuol dire che qualcosa non funziona a dovere. A questo punto ci si può chiedere quanti anodi andrebbero installati e di quale dimensione. La raccomandazione principale e' quella di installare tanti anodi quanti ne ha previsti il progettista in origine ma soprattutto della stessa dimensione e dello stesso materiale. L'installazione di un numero di anodi maggiore deve essere decisa solo se dopo un alaggio essi hanno perso piu’ del 75% del loro peso originale. I nuovi anodi andranno installati privilegiando la zona vicina alla ruota di prua e la zona poppiera intorno all'elica. Se si vuole a tutti i costi calcolarvi il numero ed il tipo di anodi da soli, dovete sapere che il procedimento in sé non e' molto complesso, ma alcune volte e' necessaria la sensibilità di un esperto per poter scegliere il tipo di anodo giusto. Comunque ecco il procedimento: Si inizia calcolando quanta corrente necessita la nostra opera viva per contrastare i fenomeni di corrosione

I = i x S [Eq. 1]

dove i e' la densità di corrente di protezione (che per il Mediterraneo vale 10 mA/m2), ed S e' la superficie da proteggere, cioè la superficie verniciata con l'antivegetativa. I e' quindi la corrente necessaria per proteggere la barca.


W = I x M x C / 9,6 [Eq. 2]


dove M sono i mesi di permanenza prevista della barca in mare, C e' il consumo dell'anodo (se l'anodo e' di Zinco, C vale 11.5 kg/(A* anno)); I la corrente precedentemente calcolata. Il risultato W e' il peso totale di materiale anodico da installare. A questo punto si deve scegliere un anodo tra quelli reperibili in commercio, da cui si ricava il peso unitario P e quindi il numero di anodi N da installare:

N = W / P [Eq. 3]

Attenzione ancora: P e' il peso netto della lega e non il peso lordo dell'anodo completo dell'inserto metallico per il fissaggio allo scafo.


Ora va verificato che gli anodi scelti abbiano effettivamente la capacità di erogare la corrente necessaria alla protezione dell'imbarcazione:

[Eq. 4] (questa formula è di difficile comprensione, pertanto si rimanda al testo originale. Clickare http://www.ilfarodellamente.it/FRMNT_A/NAUTICA/La%20tecnica%20della%20protezione%20catodica.htm)

dove Ia e' la corrente anodica, ed Ra e' la resistenza anodica che si ricava da:

[Eq. 5] (questa formula è di difficile comprensione, pertanto si rimanda al testo originale. Clickare http://www.ilfarodellamente.it/FRMNT_A/NAUTICA/La%20tecnica%20della%20protezione%20catodica.htm)


In questa formula ro e' la resistività (in Mediterraneo si può considerare ro = 25 Ohm*cm), L la lunghezza dell'anodo ed R il suo raggio equivalente, cioè:

[Eq. 6] (questa formula è di difficile comprensione, pertanto si rimanda al testo originale. Clickare http://www.ilfarodellamente.it/FRMNT_A/NAUTICA/La%20tecnica%20della%20protezione%20catodica.htm)


dove A e' la sezione trasversale dell'anodo in cm2.

Se Ia e' maggiore di I siete degli ottimi progettisti! Se invece trovate una Ia minore od uguale a I, allora dovete scegliere un anodo più piccolo e ri -calcolare tutto partendo dalla Eq. 3. Ora che si conosce come proteggere la barca con gli anodi, dobbiamo fare molta attenzione a dove la si ormeggia. E si', perché nei grandi porti commerciali e nelle aree industriali, le imbarcazioni di metallo possono risentire delle correnti vaganti generate da ferrovie, protezione catodica per navi, piattaforme, etc. Vediamo perché le grandi imbarcazioni, navi o comunque grosse strutture metalliche spesso vengono protette con una corrente generata da un alimentatore a corrente continua invece che con la corrente generata spontaneamente da un anodo galvanico. Quando le navi si ormeggiano per un lungo periodo, spengono l'apparecchiatura di bordo e si allacciano ad appositi generatori in banchina con gli anodi posati sul fondo (mentre le piattaforme usano anodi remoti). Se ci ormeggiamo a ridosso di sistemi del genere accade che, la corrente elettrica che circola, uscendo dall'anodo lo consuma, protegge la struttura dove entra, protegge la nostra carena nella zona dove entra, ma la consuma laddove ne esce come se quella zona fosse un anodo. Ovviamente, non e' passando vicino ad una piattaforma che andremo a fondo in tempi brevi, ma se si e' proprietari di una imbarcazione in metallo e' bene non girarci intorno in continuazione, magari solo perché quella e' una zona più pescosa !