Recensione: Dario Salata, pioniere della vela ai Giochi (Corriere di Como 14 ago)
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Dario Salata, pioniere della vela ai Giochi (Corriere di Como 14 ago)
Amarcord olimpico
Il commodoro Angelo Pelloli ricorda l'istriano, esponente del Circolo di Como
«Io c’ero quando i nostri hanno fatto le Olimpiadi negli anni ’40 e ’50. Anzi, a dir la verità dovevo essere pure io su una barca ai Giochi del 1952 ad Helsinki». Mentre a Pechino impazzano i Giochi, Angelo Pelloli, 81 anni, storico commodoro del Circolo della Vela di Como, guarda al passato e ripensa a quando è stato vicino alla convocazione. Ma allo stesso tempo Pelloli tiene a raccontare la storia, sconosciuta ai più, di Dario Salata, triestino d’origine, comasco d’adozione, velista che partecipò alle edizioni del 1948 a Londra e del 1952 in Finlandia. «Mi ricordo perfettamente quando Dario Salata è arrivato a Como - racconta Pelloli - Era il 1946, poco dopo la fine della seconda guerra mondiale, dove lui era stato ufficiale di Marina. Salata arrivò dall’Istria, da Lussinpiccolo. Sbarcò sul Lario con l’intento di aprire una veleria a Torriggia, la Velscaf. Iniziò a costruire vele, poi arrivò alla produzione di barche». Ma soprattutto Pelloli considera Salata l’uomo che ha dato l’impulso più importante per iniziare seriamente l’attività velica sul Lario. Dal 1946 in poi fu un riferimento al Circolo cittadino. «Era un ottimo velista - aggiunge il commodoro - anche se a bordo era un grande rompiscatole. Lui dava gli ordini come su una nave da guerra. Non gli andava mai bene nulla. Solo una volta, negli anni che ho passato con lui in barca, si è complimentato con me per una virata perfetta ad Acquaseria. Un evento talmente raro che me lo ricordo ancora oggi». Pelloli considera il timoniere di origine istriana il suo maestro. Assieme hanno partecipato alle più importanti gare internazionali di vela. «A quei tempi non era tutto così facile come oggi - prosegue - Sulle barca non c’era tutta la tecnologia di oggi. E Salata era davvero bravo a usare i pochi mezzi a disposizione per vincere». Un uomo elegante, preciso e a volte anche un po’ fissato. «Ricordo ancora quella volta che ha obbligato a far spostare una barca che stava a sei miglia dalla nostra, perché si era intestardito che ci rubasse l’aria» sostiene ancora Pelloli. Un uomo a volte anche troppo duro nel suo lavoro; pretendeva tanto dall’equipaggio, ma insegnava anche moltissimo. «Se sono arrivato ad alto livello lo devo solo a lui - spiega il Commodoro - Salata è la persona che ha dato una grossa spinta alla vela agonistica comasca in un periodo in cui dominavano i circoli di Genova, Napoli e Trieste. Anche il nostro cominciò a diventare un riferimento per il mondo della vela». L’istriano è stato portacolori del Circolo di Como alle Olimpiadi per ben due volte. Nel 1948 prese parte ai Giochi di Londra insieme con un altro lariano, Achille Roncoroni. Nella competizione della classe Swallow, i due velisti azzurri chiusero in sesta posizione. Quattro anni dopo, Salata partecipò alle Olimpiadi di Helsinki nella classe 5,5 metri, insieme al genovese Giorgio Audizio e al triestino Egone Jackin. In quell’occasione l’equipaggio italiano arrivò decimo. Ma su quella barca in Finlandia doveva esserci anche Pelloli. «Facevo parte del suo equipaggio e dovevo partecipare io a quelle Olimpiadi insieme con Salata e a Luciano Brambilla. Ma poi all’ultimo momento, per ragioni “politiche”, io e Brambilla siamo stati sostituiti da un genovese e da un triestino». Il dirigente comasco è poi comunque riuscito ad andare ai Giochi. «Ero a Roma nel 1960. Ho fatto il giudice di gara nelle regate che furono disputate nel Golfo di Napoli». Oggi Angelo Pelloli, che per scelta si è defilato dallo Yacht Club Como, sodalizio nato dalla fusione di Mila e Circolo della Vela, ricorda ancora volentieri i grandi personaggi che ha incontrato in tanti anni di impegno nel mondo dello sport. Oltre a Dario Salata ha avuto la fortuna di conoscere un altro grande come Agostino Straulino, campione olimpico a Helsinki 1952. «Quelli erano altri tempi - conclude - Insieme con Salata abbiamo imparato il sacrificio, la modestia e l’umiltà dell’apprendimento. Abbiamo imparato a essere veri marinai, dentro e fuori la barca».
Cinzia Rizzi